Curare il cuore con un robot: all'Humanitas Gavazzeni si può

Obiettivo, effettuare interventi più precisi ed efficaci ma anche più soft abbattendo i tempi di recupero dei pazienti.

Curare il cuore con un robot: all'Humanitas Gavazzeni si può
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I polsi ruotano a 360 gradi, le mani hanno una presa salda e fermissima, gli occhi riescono a vedere dettagli che sfuggirebbero a chiunque: succede in Humanitas Gavazzeni, a Bergamo, dove i Cardiochirurghi operano il cuore con il sistema da Vinci X.

Curare il cuore con un robot

Obiettivo, effettuare interventi più precisi ed efficaci ma anche più soft, perché l’estrema accuratezza della mano robotica consente di ridurre al minimo il trauma dei tessuti e quindi il sanguinamento e il tempo di recupero dei pazienti, rendendo inoltre quasi invisibili le cicatrici sul torace.

Caso unico in Italia

Il Dipartimento Cardiovascolare dell’ospedale entra così in rete, come unico caso italiano, con i 20 Centri europei (dal Belgio all’Inghilterra, dai Paesi Bassi alla Francia) in cui è attivo un programma di cardio-robotica al fianco della cardiochirurgia tradizionale, della cardiochirurgia mininvasiva e cardiologia interventistica.
Grazie al robot, i cardiochirurghi possono applicare una tecnica all’avanguardia al trattamento dell’insufficienza mitralica, con tutti i vantaggi per il paziente dati dalla mininvasività robotica: riduzione del trauma, minore sanguinamento, rapido ritorno a una vita normale senza necessità di riabilitazione.

Il team del dottor Agnino

Protagonista di questa nuova fase è l’équipe del dottor Alfonso Agnino, cardiochirurgo specializzato da oltre 10 anni nell’uso di tecniche mininvasive video-assistite, che sono il terreno di formazione per chi decide di affrontare la robotica.

“La Cardiochirurgia robotica – spiega il dottor Alfonso Agnino, responsabile della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo – è un’opzione ancora poco diffusa in Italia, ma una realtà già consolidata in Stati Uniti, Cina, Francia, Germania ed Europa del Nord. È manifestazione della medicina del futuro, in cui la macchina potenzia le capacità dell’équipe per realizzare quello che fino a ieri sembrava impossibile, come riparare una valvola di pochi millimetri eseguendo incisioni non più grandi di quelle con cui i dermatologi rimuovono i nei. Questo a fronte dell’acquisizione di capacità tecniche che implementano il percorso formativo di tutto lo staff della sala operatoria”.

Preparazione di altissimo livello

Fondamentale per l’utilizzo del robot in Cardiochirurgia, infatti, è la preparazione dell’intera squadra di professionisti della sala operatoria, che comprende non solo il cardiochirurgo, ma anche anestesisti, perfusionisti, infermieri e operatori socio sanitari. L’équipe del dottor Alfonso Agnino ha seguito un training specifico presso l’Orsi Academy di Melle, Centro di Addestramento Europeo specializzato in formazione per la chirurgia robotica e l’ospedale Nemocnice Na Homolce di Praga sotto la guida di esperti internazionali di robotica. Il dottor Agnino ha inoltre portato a termine un training universitario specifico di simulazione robotica con gli ex piloti dell’aviazione militare francese allo Stan Institute di Nancy.

“Lo sviluppo delle tecniche chirurgiche mininvasive – spiega il dottor Paolo Panisi, responsabile della Cardiochirurgia di Humanitas Gavazzeni – ha consentito di migliorare la qualità di vita dei pazienti grazie al minor impatto di queste tecniche a livello fisico e psicologico. La cardiochirurgia robotica segna un’ulteriore evoluzione del gesto chirurgico mininvasivo”.

Interventi più soft e ripresa veloce

Un’evoluzione visibile anche da chi si occupa di assistere il paziente dopo l’intervento, come racconta il dottor Giovanni Albano, responsabile di Anestesia e Terapia Intensiva di Humanitas Gavazzeni: “I pazienti sottoposti a intervento di cardiochirurgia robotica si sono dimostrati più stabili per quel che riguarda l’entità del dolore postoperatorio, il volume totale di perdite ematiche e il ripristino di una normale funzione respiratoria. Situazioni cliniche che possiamo ricondurre
alla minore invasività tissutale e alla maggiore precisione del gesto chirurgico proposto dalle tecniche mininvasive robotiche”.

Cardiologia alla Gavazzeni

Con il robot da Vinci la storia della Cardiologia bergamasca di Humanitas Gavazzeni prosegue nel segno dell’eccellenza e dell’innovazione.

“Il robot da Vinci – commenta il dottor Alberto Cremonesi, responsabile della Cardiologia e coordinatore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas Gavazzeni - chiude il cerchio delle possibilità terapeutiche con cui il Dipartimento risponde alle necessità del singolo paziente. Humanitas Gavazzeni crede nell’innovazione tecnologica e investe per poter garantire la cura del cuore a 360°, con un approccio che tiene conto delle specificità di ogni malato. In questo senso il robot è una nuova frontiera del ventaglio terapeutico disponibile ad oggi nel mondo, accanto alle tecniche chirurgiche classiche e alle procedure interventistiche”.

L’avvio della robotica in Humanitas Gavazzeni si inserisce all’interno dello sviluppo del Dipartimento Cardiovascolare che, già negli anni ’70 con Vincenzo Baldrighi, Mario Viganò, Daniel Guilmet e Lucio Parenzan, è stato punto di riferimento internazionale nel settore.

Il robot da Vinci e la Cardiochirurgia

Il robot da Vinci X è l’ultima versione della piattaforma per la chirurgia mininvasiva, usata perlopiù in Urologia, Ginecologia e Chirurgia Generale. La consolle, con sistema di visione tridimensionale HD, consente di osservare il campo operatorio in modalità “full immersion” o di passare a una modalità a più immagini per integrare informazioni prese da altre fonti (Ecografo, ECG), favorendo il lavoro del chirurgo. Il dimensionamento in scala dei movimenti e la riduzione del tremore forniscono un ulteriore controllo che minimizza l'impatto di movimenti involontari. Con l’applicazione al campo cardiochirurgico per la riparazione della valvola mitrale, i vantaggi per il paziente sono riscontrabili in una più rapida ripresa della respirazione spontanea post-intervento, minor impatto fisico e quindi dolore (il cardiochirurgo esegue quattro incisioni di 8 millimetri e una/due da 1,5 centimetri), ridotta perdita di sangue che si traduce in stabilità dei valori dell’emoglobina e inferiore necessità di ricorrere a eventuali trasfusioni. Il recupero delle funzioni avviene quindi più rapidamente: un decorso post-operatorio non complicato prevede 24 ore di degenza in Terapia Intensiva contro le 48 previste per la mininvasiva video-assistita, e generalmente nessun periodo riabilitativo.

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